JAMA Internal Medicine ha pubblicato ieri, 20 ottobre, l’articolo che rende noti i risultati dello studio randomizzato sull’efficacia del Tocilizumab nel prevenire l’aggravamento di pazienti con polmonite da SARS-CoV-2. Lo studio, promosso e coordinato dall’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia, ha coinvolto 24 centri in 6 regioni italiane. Si tratta del primo studio randomizzato italiano su terapie anti-COVID-19 che arriva a pubblicazione. Con il termine randomizzato si intende uno studio nel quale i pazienti sono assegnati in modo casuale per ricevere un intervento clinico. Uno di questi interventi sarà lo standard di paragone o di controllo. Il controllo può essere una pratica standard, un placebo o nessun tipo di intervento.
Il Tocilizumab è un farmaco immunosoppressore sinora utilizzato in alcune malattie reumatologiche, come l’artrite reumatoide e l’arterite a cellule giganti. Alcuni ricercatori cinesi e in seguito italiani avevano ipotizzato, sulla base di osservazioni cliniche e di risultati di studi non randomizzati, che il farmaco potesse avere un effetto positivo nel modulare la risposta immunitaria nei pazienti con forme severe di COVID-19. Tuttavia, non erano disponibili dati scientificamente solidi, provenienti cioè da studi randomizzati.
Lo studio in Italia tra aprile e giugno 2020, ha reclutato 126 pazienti con polmonite che presentavano un rapporto PaO2/FiO2 fra 300 e 200 mm Hg e segni e sintomi di infiammazione. L’analisi ha evidenziato una percentuale simile di aggravamenti nei pazienti che avevano ricevuto il Tocilizumab (28.3%) e nei pazienti che avevano ricevuto la terapia standard (27.0%). Nessuna differenza è stata osservata nel numero totale di accessi alla terapia intensiva (10.0% Tocilizumab verso 7.9% terapia standard) e nella mortalità a 30 giorni (3.3% Tocilizumab verso 1.6% terapia standard). Anche il tempo alla dimissione dall’ospedale è risultato sovrapponibile tra i due gruppi.
“I risultati ci dicono che il Tocilizumab, nel setting studiato, non previene l’aggravamento delle condizioni di questi pazienti – spiega il prof. Carlo Salvarani, direttore della Reumatologia di Reggio Emilia e professore ordinario di Unimore, che ha guidato lo studio insieme a Massimo Costantini, direttore scientifico dell’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia –. A giugno, alla fine della prima ondata, abbiamo deciso di interrompere lo studio perché i dati erano già più che solidi. Altri studi che sono stati condotti sul Tocilizumab devono ancora essere pubblicati, ma i risultati preliminari che sono stati resi noti sembrerebbero confermare le nostre conclusioni”.
“Il nostro lavoro è stato molto importante perché – aggiunge Costantini – in una situazione di emergenza abbiamo ideato e portato a conclusione in tempo record uno studio randomizzato in grado di indirizzare la pratica clinica. Inoltre si tratta di uno studio su un nuovo farmaco non sponsorizzato né promosso dalla ditta che lo produce, che nel nostro caso ha soltanto garantito l’approvvigionamento del farmaco”.
Questo lavoro contribuisce ad arricchire le conoscenze scientifiche sul COVID, malattia per la quale molte domande hanno ancora bisogno di risposte.
“Lo studio dimostra inoltre che Reggio Emilia ha le competenze e le capacità per svolgere un ruolo di primo piano nella ricerca a livello internazionale – conclude Costantini –. La ricerca su COVID-19 va avanti e ora stiamo mettendo a punto un nuovo studio clinico per valutare l’efficacia del cortisone ad alte dosi rispetto a quelle standard per prevenire l’aggravamento dei pazienti con polmonite”.
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(Foto di gruppo, da sinistra Massimo Costantini, Nicola Facciolongo, Marco Massari, Silvio Cavuto, Carlo Salvarani, Domenico Franco Merlo, Caterina Turrà, Luisa Savoldi e Luca Braglia)