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Reggio Emilia, in Biblioteca Panizzi l’inaugurazione dell’opera di Elena Mazzi
foto Renza Grossi

Questa mattina, 9 marzo, in Biblioteca Panizzi è  svolta l’inaugurazione dell’opera di Elena Mazzi in diretta streaming sui canali del comune di Reggio Emilia e alla presenza del sindaco Luca Vecchi, dell’assessora alla Cultura e Pari opportunità Annalisa Rabitti, dell’artista Elena Mazzi e della presidente dell’associazione Nondasola Silvia Iotti.

La presentazione dell’opera in biblioteca Panizzi  doveva essere aperta alla città pur nel rispetto delle norme di anticontagio, ma in relazione all’aggravarsi del quadro pandemico attuale l’amministrazione comunale ha deciso di far conoscere il progetto dell’artista alla città sul web con la scelta di svolgere una diretta streaming fruibile sui canali facebook e youtube del Comune Reggio Emilia.

Trasformare le parole, le emozioni, le riflessioni sulla violenza di genere in espressioni artistiche attraverso percorsi partecipati di confronto ed esperienze, per realizzare un’opera pubblica diffusa che, intrecciando un dialogo con i cittadini e le cittadine, contribuisca alla formazione di una cultura improntata al contrasto della violenza contro le donne. Questo è l’intento alla base del progetto Parole parole parole al quale l’artista reggiana Elena Mazzi ha lavorato attraverso incontri con istituzioni e associazioni in sinergia con l’Amministrazione del Comune di Reggio Emilia che, con il progetto  lanciato dall’assessore Rabitti “La cultura non starà al suo posto”, ha collocato strategicamente le Pari opportunità in relazione con i Servizi alla cultura per sensibilizzare la cittadinanza sul tema fondamentale dei diritti delle donne in occasione e a ridosso della giornata internazionale della donna.

Da un intenso lavoro con la comunità e l’ascolto del territorio le parole delle donne che hanno incontrato la violenza maschile direttamente o indirettamente sono divenute immagine: un pattern che si fa trama di una carta da parati che tocca e coinvolge dal 9 marzo luoghi simbolo della città di Reggio Emilia come la biblioteca Panizzi, lo spazio Gerra, il Centro Antiviolenza – Casa delle Donne e la sede delle Lunenomadi, lo spazio Iat e in provincia la Casa della cultura di Casina, ma che presto toccherà altri luoghi e spazi cittadini. Il progetto Parole parole parole è promosso dal Comune di Reggio Emilia con il contributo di Conad, realizzato da ufficio Pari Opportunità e dai Servizi culturali del Comune di Reggio Emilia con biblioteca Panizzi e Musei, in collaborazione con Spazio Gerra e l’Associazione Nondasola che gestisce il Centro Antiviolenza – Casa delle Donne, nell’ambito del calendario di ‘Trecentosessantacinque giorni donna’, promosso in collaborazione con associazioni ed enti del territorio.

Ieri era l’otto di marzo  – afferma il sindaco Luca Vecchi – e noi diciamo sempre che a Reggio Emilia non ci impegniamo solo l’otto di marzo, ma ci impegniamo continuamente, 365 giorni l’anno, per i diritti delle persone in generale e per i diritti delle donne in particolare. Così quest’anno abbiamo voluto caratterizzare in particolar modo la nostra azione di contrasto della violenza contro le donne, anche in virtù di quanto accaduto in questo anno di pandemia. Quella di oggi è una giornata dunque che va in quella direzione. Lo facciamo in biblioteca Panizzi, uno dei più importanti luoghi culturali della città, attraverso la presentazione di un’opera d’arte dell’artista Elena Mazzi, dal titolo “Parole Parole Parole”. Un’opera che attraverso le parole delle donne ha il compito di riportare ogni giorno l’attenzione su questo tema e su questo impegno. Un’ opera che troverete anche in altri luoghi della città.

È un’opera di arte pubblica e penso che sia giusto sottolineare un significato ulteriormente importante insito nella realizzazione di questo progetto, ovvero che soprattutto la cultura ha pagato un prezzo molto alto con la chiusura dei musei, dei teatri, dei centri espositivi e, in una certa misura, delle biblioteche. Ritengo tuttavia che non ci sia futuro e non ci sia una comunità viva se non si tiene viva la creatività, la diffusione del sapere, la produzione e diffusione culturale.

Oggi inaugurare un’opera d’arte in questo luogo e in altri spazi della città, vuole  significare, oltre all’impegno contro la violenza sulle donne, anche la volontà di caratterizzare la città a partire dal messaggio culturale, dall’opera creativa e dalla diffusione del sapere come uno dei tratti distintivi della storia di questa città e nella difficile contemporaneità di questa vicenda pandemica. Reggio Emilia reagisce. Reggio Emilia resiste e pensa al proprio futuro anche partendo dall’arte.

Naturalmente l’auspicio è che nel giro di qualche mese questi luoghi tornino ad essere frequentati in modo pieno, in progressiva uscita dalla pandemia, e possano diventare dei punti di riferimento per la vita civica, culturale e democratica di questa città, come sempre lo sono stati.

“Abbiamo provato – afferma l’assessora alla cultura e pari opportunità Annalisa Rabitti – ad immaginare un nuovo linguaggio, per nuove parole sulla violenza maschile contro le donne e l’abbiamo fatto offrendo alla città un’opera d’arte diffusa e fruibile da tutti provando a cambiare il punto di vista, adottando lo sguardo di una artista donna. Elena Mazzi si è mischiata alle persone, si è fatta cambiare, si è fatta attraversare da questa tematica. E il suo sguardo ha dato prova di saper vedere, ascoltare, ricreare vissuti complessi che segnano l’esistenza delle donne.

Questa che inauguriamo è un’opera importante, realizzata dal Comune con il contributo di Conad e in collaborazione con le principali realtà che in città si occupano del contrasto e della prevenzione della violenza maschile sulle donne. Contaminerà  la città toccando oltre alla Panizzi, lo spazio Gerra, la casa delle donne, la sede delle Lunenomadi, in provincia la Casa della cultura di Casina ed altri spazi. L’idea dell’artista è quella di realizzare un’opera che occupi anche i luoghi interni, perché come sappiamo la violenza maschile contro le donne è una piaga che si sviluppa principalmente nelle case. Per realizzarla Elena ha lavorato con donne vittime di violenza, ma anche con chi lavora da anni per combattere questa violenza, dando vita ad un opera collettiva che ha cambiato anche le prospettive originali dell’artista, dando vita a parole nuove per lei e anche per chi lavora su questo tema.

Le parole scaturite dagli incontri e dai laboratori svolti con le donne e che sono state incluse nella sua opera, intitolata non a caso Parole parole parole: sono parole dense, importanti, pesanti. L’installazione, un pattern, tuttavia gioca su due livelli. Da un lato chi entrerà in  Panizzi vedrà una parete colorata, gioiosa, con  forme “pop” e  colori allegri, dall’altro avrà un momento di sorpresa e stupore nel leggere quello che vi è  scritto all’interno.”

“All’inizio  – sottolinea Silvia Iotti presidente dell’associazione Nondasola –  c’è stata una grandissima curiosità, una sfida. Ci siamo interrogate perché volevamo che i contatti con le donne fossero desiderati, ma ci siamo sorprese invece della loro generosità nel mettersi in gioco ed unirsi. Devo dire che Elena ha saputo costruire con le donne una relazione forte, che ha reso possibile che loro le affidassero delle parole. Queste parole sono un tramite; è un passaggio difficilissimo mettere in parole un’esperienza tanto dolorosa che si vorrebbe negare e che a volte è un punto d’approdo.

Quando io ho visto per la prima volta la carta ho pensato che le parole sembrassero quasi sussurrate, come sono spesso sussurrate, in una sorta di doloroso segreto, le parole che le donne portano alla Casa Delle Donne”.

“Come poter rielaborare il tema della violenza contro le donne in maniera contemporanea? Quando mi è stato proposto – afferma l’artista Elena Mazzi –  di realizzare un’opera d’arte pubblica ho messo in discussione il concetto di arte pubblica stessa. Cosa vuol dire fare arte pubblica? Si tratta solo di mettere un monumento in piazza o vuol dire provare ad arrivare a tutte le persone attraverso sensibilità diverse? La carta da parati per me è stata la traduzione di questo processo, provare ad entrare negli spazi di tutta la città in maniera allargata, ascoltando, traducendo e riformulando.

Per attuare questo processo ho avuto bisogno di andare per gradi, di avere dati alla mano per capire meglio la situazione. Un’artista a mio avviso, per produrre arte pubblica, deve soprattutto relazionarsi, sia agli spazi che alla persone che creano gli spazi pubblici, quindi la ricerca è fondamentale.

Ho iniziato chiedendo materiali al Comune e all’associazione Non Da Sola come dati, esperienze e soprattutto interviste con operatrici che ogni giorno si confrontano con questo tema. È stato importante il confronto con persone che da più punti di vista raccontano il problema, come sia emerso e le loro esperienze dirette, in un processo che  porti alla luce questi dati per capire la gravità del problema.

Questa è stata la prima fase, quando sono arrivata alla conclusione che la carta da parati era la soluzione migliore per tradurre quest’idea, ho contattato la grafica reggiana Lucia Catellani e insieme abbiamo pensato di costruire dei laboratori, sia con donne vittime di violenza che operatrici, per far emergere questi loro sentimenti e punti di vista.

Mentre facevo ricerca ho creato un vocabolario di parole e le ho messe in discussione durante i laboratori, indagando come le parole, le sensazione e le storie potessero diventare forme, linee, punti, superfici. Partendo dal libro di Kandisky “Linea, punto, superficie” abbiamo strutturato tre laboratori che riguardassero il segno, la forma e composizione, mirati a cercare di tradurre delle emozioni.

Quello che è emerso sono forme irregolari, rimasugli e frammenti di segni, in cui abbiamo provato ad incastrare le parole in modo da creare una composizione che faccia avvicinare le persone. L’arte astratta colpisce l’occhio, anche per una questione di ricezione, attira lo sguardo e si è spronati all’avvicinamento e alla visione più attenta”.

 

IL PROGETTO

Il progetto Parole parole parole, vuole essere prima di tutto un percorso in cui gli strumenti messi a disposizione dall’arte vanno ad innestarsi sulle azioni di sensibilizzazione già in essere, per contribuire alla formazione di una cultura improntata al contrasto della violenza di genere.

In una prima fase del progetto Parole parole parole Elena Mazzi, artista riconosciuta per il suo approccio artistico di tipo “antropologico” caratterizzato dal lavoro con le comunità e l’ascolto del territorio e già nominata nel 2017 “Reggiana per Esempio”, ha partecipato ad alcuni degli incontri che l’ufficio comunale Pari Opportunità porta avanti nelle sue attività ordinarie di formazione e sensibilizzazione; in un secondo tempo ha realizzato incontri individuali con i singoli soggetti coinvolti nel percorso partecipato per poter approfondire le specificità e sviscerare nodi centrali necessari alla costruzione di uno sguardo artistico. Infine ha realizzato alcuni workshop in collaborazione con la grafica Lucia Catellani (Bread & Jam) dove ha raccolto le emozioni delle donne che hanno vissuto in maniera diretta o indiretta una situazione di violenza, con l’idea di tradurle in segni grafici che diventano parte dell’opera.

Alla base del lavoro dell’artista è l’idea che operare sulle immagini e sullo sguardo legato alla violenza di genere possa dare origine ad una riflessione più ampia sul tema del potere, inteso come luogo di conservazione oltre che di contesa, anche politica, di un certo tipo di immaginario: il passato e la storia sono stati scritti e raccontati a partire da certe immagini e rappresentazioni della violenza di genere che occorre interrogare e ridiscutere. Il progetto intende riflettere sui simboli della cultura visuale e relazionale per indagare il più ampio spettro delle diverse forme di violenza, intendendo l’immaginario come un luogo in cui la violenza è tangibile tanto quanto nel mondo fisico.

Dagli incontri individuali e di gruppo, Elena Mazzi ha riscontrato che l’uso del linguaggio e della parola sono sempre calibrati, accurati e gestiti con estrema cura; la parola è quindi fondamentale nella comunicazione e soprattutto nella narrazione di questa realtà. Nel corso dei workshop ha costruito un vocabolario condiviso nel quale alcune parole sono risultate ricorrenti, mentre altre sono state volutamente eliminate perché ritenute inadeguate, superflue e irrispettose. Infine ha trasformato le parole scelte e ha dato loro un’immagine: un pattern che si fa trama di una carta da parati.

La carta da parati è un oggetto contemporaneo, alla portata di tutti, che si utilizza in alcuni ambienti intimi della casa, ma che può anche essere trasferita in ambienti pubblici e istituzionali invadendoli silenziosamente e diventando parte dell’architettura urbana come sarà dal 9 marzo in biblioteca Panizzi, nello spazio Gerra, nel Centro Antiviolenza – Casa delle Donne e la sede delle Lunenomadi, nello spazio IAT e in provincia nella Casa della cultura di Casina. I luoghi interessati dalle installazioni lasciano così in città un segno permanente a testimonianza dell’impegno e del coinvolgimento di tutte e tutti nel prevenire e contrastare le discriminazioni e la violenza di genere.

Creata da forme semplici e ripetute, l’immagine realizzata, vista da vicino, rappresenta un testo da leggere, un messaggio di forza e speranza, una voce collettiva che si propagherà sui muri della città ed entrerà nelle case. Sarà un messaggio in codice che ricorrerà nella visione dei cittadini come un mantra.

Il pattern in futuro potrebbe essere stampato o serigrafato su superfici di ceramica, riqualificando importanti luoghi di attraversamento della città e spingendo i passanti a soffermarsi nella lettura.

L’11 marzo a Spazio Gerra, altra sede dell’opera, si svolgerà a partire dalle ore 14 lo streaming settimanale del giovedì di Alimentari Cult che avrà come ospite alle 14.50 (dopo Luciano Pantaleoni e la cinelibreria Notorius per la rubrica Librerie Cult) Elena Mazzi intervistata dallo staff dello spazio Gerra.

 

LA CARTA DA PARATI

La carta da parati e alcune stampe fine art sono visionabili all’ufficio turistico IAT del Comune di Reggio Emilia.

Su proposta dell’artista, il Comune di Reggio Emilia e l’Associazione Nondasola stanno lavorando alla ideazione di una raccolta fondi da destinare al Centro Antviolenza – Casa delle Donne, con l’intento di contaminare e invadere gli spazi privati e non solo quelli pubblici con l’opera d’arte ‘Parole parole parole’. Nei prossimi giorni verranno comunicate le informazioni dettagliate sul sito del Comune.

 

ELENA MAZZI

Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) dopo gli studi presso l’Unversità di Siena e lo IUAV di Venezia, ha trascorso un periodo di formazione al Royal Institute of Art di Stoccolma.

Partendo dall’esame di territori specifici, nelle sue opere rilegge il patrimonio culturale e naturale dei luoghi intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali, nell’intento di suggerire possibili risoluzioni del conflitto uomo-natura-cultura.

La sua metodologia di lavoro, vicina all’antropologia, privilegia un approccio olistico volto a ricucire fratture in atto nella società, che parte dall’osservazione e procede combinando saperi diversi.

Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive, tra cui: Whitechapel Gallery di Londra, BOZAR a Bruxelles, Museo del Novecento di Firenze, GAMeC a Bergamo, MAMbo a Bologna, Sonje Art Center a Seoul, Palazzo Ducale a Urbino, Palazzo Fortuny a Venezia, Fondazione Golinelli a Bologna, Centro Pecci per l’arte contemporanea a Prato, 16° Quadriennale di Roma, GAM di Torino, 14° Biennale di Istanbul. Ha partecipato a diversi programmi di residenza in Italia e all’estero. Oltre ad essere stata nominata nel 2017 “Reggiana Per Esempio” ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Cantica21 promosso dalla Farnesina e dal Ministero per i Beni Culturali, la 7° edizione del Premio Italian Council, promosso dal Ministero per i Beni Culturali, il XVII Premio Ermanno Casoli e il premio Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

 

ISTITUZIONI E ASSOCIAZIONI COINVOLTE NEL PROGETTO

Il progetto Parole parole parole nasce dalla sinergia tra l’ufficio Pari Opportunità del Comune di Reggio Emilia, i Servizi Culturali, la biblioteca Panizzi e i Musei civici con le principali realtà che in città si occupano del contrasto e della prevenzione della violenza maschile sulle donne: un percorso di ricerca che ha visto il coinvolgimento di donne del territorio – che si sono impegnate nella prevenzione delle discriminazioni e nel contrasto alla violenza maschile sulle donne attraverso attività di volontariato rivolte alla comunità e in ambito educativo, donne volontarie dell’associazione Nondasola, donne ospiti del Centro Antiviolenza di Reggio Emilia – con le quali Elena Mazzi ha realizzato interviste individuali e workshop.