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Messe abusive in Casalgrande Alto, le decisioni della Diocesi di Reggio Emilia-GuastallaDiverse e ripetute sono state le notizie che negli ultimi anni hanno riguardato due sacerdoti legati alla “Cittadella della Divina Misericordia” in Casalgrande Alto (RE); già il Vescovo Massimo Camisasca era stato costretto ad intervenire più volte, informando altresì i fedeli.
Ora, su impulso dell’attuale Pastore della nostra Diocesi, l’Arcivescovo Giacomo Morandi, i sacerdoti coinvolti hanno rappresentato le rispettive posizioni a seguito dell’instaurazione del contraddittorio previsto dalle norme ecclesiali, anche con il vaglio della Santa Sede.

Di seguito le disposizioni assunte:

1)      quanto al sacerdote C.C.:
valutato che, tra le altre cose, ha esercitato il ministero in diocesi all’insaputa dell’autorità ecclesiastica, la disobbedienza alla disciplina ecclesiale circa l’azione liturgica e l’amministrazione dei sacramenti, l’appoggio a un presbitero ordinato illecitamente da un vescovo scismatico, l’affidamento della celebrazione del sacramento della Confermazione a un ministro privo della facoltà, la celebrazione del sacramento della penitenza senza avere mai chiesto e ottenuto la debita facoltà, nella condivisione di espressioni contrarie all’unità ecclesiale e al Magistero della Chiesa, Mons. Arcivescovo ha deliberato di emanare formale

DIVIETO

nei confronti del sacerdote C.C. di esercitare qualsiasi attività ministeriale, sotto ogni forma, nel territorio della Diocesi di Reggio Emilia- Guastalla.

In particolare, sussistendo la grave causa di cui al can. 974 § 1 CIC, allo stesso è stata revocata, a norma del can. 974 § 2 CIC, la facoltà di ricevere le confessioni nel territorio della Diocesi, con le conseguenti informative all’Ordinario proprio.

Con avvertenza che la violazione di quanto sopra comporterà:

– quanto al ministero, l’insanabile illegittimità di ogni atto di potestà d’ordine;

– quanto al Sacramento della Riconciliazione, l’invalidità dell’assoluzione (cf can. 966 § 1 CIC), tutto ciò con grave offesa ai singoli fedeli e arrecando un vulnus al Corpo ecclesiale, e la possibile integrazione del delitto di attentata assoluzione, previsto nel can. 1379 § 1, 2° CIC e art. 4 § 1, 2° delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

In caso di trasgressione del divieto sopraindicato, potrà essere inflitta la pena dell’interdetto, secondo quanto dispone il can. 1332 CIC.

 

2)      quanto al sacerdote A.M.:
constatata la fondatezza dei gravi rilievi emersi, in particolare il fatto di essere stato consapevolmente ordinato presbitero da un vescovo scismatico incorso nella pena della scomunica, senza la legittimazione prevista dal diritto vigente, il medesimo è, in forza del can. 1388 CIC, sospeso dall’ordine ricevuto.

Inoltre, avendo tentato di impartire l’assoluzione sacramentale ascoltando le confessioni dei fedeli pur essendo privo della facoltà, a tenore del can. 1379 § 1 2° CIC, è incorso nella pena latae sententiae della sospensione. Mons. Arcivescovo ha deliberato di emanare formale

DIVIETO

nei confronti del sacerdote A.M., di esercitare qualsiasi attività ministeriale, sotto ogni forma, e di amministrare il Sacramento della Riconciliazione ad eccezione dei casi previsti dai cann. 976 e 986 § 2 CIC.

La violazione di quanto sopra comporta:

– quanto al ministero, l’insanabile illegittimità di ogni atto di potestà d’ordine;

– quanto al Sacramento della Riconciliazione, l’invalidità dell’assoluzione (cf can. 966 § 1 CIC), e l’integrazione del delitto di attentata assoluzione, previsto nel can. 1379 § 1, 2° CIC e art. 4 § 1, 2° delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

Con il presente comunicato – specifica la Diocesi –  i fedeli sono informati ed avvertiti circa gli equivoci in cui potrebbero incorrere.

Nell’occasione l’Arcivescovo manifesta dispiacere e amarezza per essere stato costretto ad assumere una chiara posizione, nonostante i diversi inviti e contatti; è del resto dovere di ogni vescovo “promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa” (LG 23) ove si manifestino, come in questo caso, aperte lacerazioni, in modo che ogni fedele e le diverse comunità possano continuare a sentirsi parte viva dell’unico Corpo: “Come infatti il corpo è uno e ha molte membra e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo” (1 Cor 12, 12).

I sacerdoti investiti dai provvedimenti hanno ancora la possibilità di adeguarsi, con le forme appropriate, alla gioia della comunione cattolica.